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Olbia – Sardegna
Olbia,
Descrizione
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Olbia
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Posizione del comune di Olbia nella provincia di Olbia-Tempio |
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Sito istituzionale |
Olbia (IPA: [ˈɔlbja][3] Terranòa in sardo /terraˈnoa̩/ eTarranóa’in gallurese /tarraˈnɔːa̩/)[4] è un comune italiano di 59 333 abitanti[2], capoluogo, con Tempio Pausania, della provincia di Olbia-Tempio in Sardegna. Risulta essere, al 2016, il quarto comune della Sardegna per numero di abitanti, dopo Cagliari, Sassari e Quartu Sant’Elena[5] e il secondo per estensione, dopo Sassari.
È stata l’antica “capitale” del Giudicato di Gallura e la prima sede vescovile della Gallura (Diocesi di Civita – Ampurias sino al 1839). La città, una delle principali della Sardegna, è una realtà industriale e commerciale in piena espansione. Ha conosciuto negli ultimi decenni un rilevante aumento demografico ed uno sviluppo assai rapido della sua economia, con il numero degli abitanti raddoppiato tra gli anni 1951 e il 1981. Attualmente ne conta 59 333 (nel 1964 erano 18 800).
Ricca di insediamenti turistici molto conosciuti, tra i quali Porto Rotondo ePortisco, è dotata di infrastrutture che ne fanno un polo turistico molto importante per l’intera Isola. Olbia è il motore economico della provincia e uno dei più importanti della regione. A partire dal nucleo storico del corso Umberto I, la città, con il notevole incremento demografico degli anni sessanta, si è notevolmente espansa in ogni direzione. I problemi di viabilità sono stati contrastatati con la creazione di una circonvallazione e delle sue relative sopraelevate, di un tunnel sottostante l’area del porto vecchio e di numerose rotatorie all’interno e fuori del centro urbano.
Geografia fisica
Territorio
La città di Olbia si affaccia sull’omonimo golfo e si estende nella pianura circostante (che prende anch’essa il nome dalla città), delimitata da una catena montuosa. Il territorio comunale, con una superficie di 383,64 km², si pone al 23º posto tra i Comuni italiani per estensione[6].
Clima
La città è caratterizzata da un clima mediterraneo con inverni miti continentali ed estati calde e asciutte. Le precipitazioni si concentrano soprattutto nei mesi invernali e autunnali.
Il 18 novembre 2013 è stata oggetto di una violenta alluvione, dovuta al passaggio del ciclone Cleopatra, che ha causato la morte di 9 persone. Il ciclone ha colpito altre zone della Gallura orientale e della Baronia, causando in tutto 19 vittime.
Olbia | Gen | Feb | Mar | Apr | Mag | Giu | Lug | Ago | Set | Ott | Nov | Dic | Anno |
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Temperatura massima media (°C) | 14 | 15 | 16 | 18 | 22 | 26 | 29 | 30 | 26 | 22 | 17 | 15 | 21 |
Temperatura minima media (°C) | 6 | 7 | 7 | 9 | 12 | 16 | 19 | 19 | 17 | 13 | 9 | 7 | 12 |
Piogge (mm) | 55 | 65 | 58 | 48 | 31 | 21 | 5 | 18 | 30 | 71 | 66 | 90 | 558 |
Storia
Periodo prenuragico e nuragico
Frammenti di ceramica ritrovati a Porto Rotondo ed una caratteristica statuetta femminile rappresentante la Dea Madre trovata a Santa Mariedda, fanno risalire al Neolitico Medio (4000 – 3500 a.C.) le prime testimonianze dell’uomo in territorio olbiese. Successivamente, durante il periodo Eneolitico, con ocra rossa furono raffigurate nelle pareti della grotta del Papa – sull’isola di Tavolara – delle figure umane schematizzate, risalenti al 2700 - 2500 a.C., mentre risale all’Età del Bronzo antico (1800 - 1600 a.C.) la Tomba dei giganti che si trova a Su Monte de s’Abe.
Ma a partire dalla media Età del Bronzo, in concomitanza della diffusione in tutto l’Isola della originale civiltà nuragica, anche nel territorio di Olbia si riscontrano insediamenti nuragici, man mano sempre più numerosi: sono più di 50 quelli attualmente conosciuti e vanno dai nuraghi monotorre, ai villaggi, ai pozzi sacri, alle sepolture megalitiche tra questi i monumenti più importanti sono: il nuraghe Riu Mulinu a Cabu Abbas; il nuraghe Putzolu, nella omonima località, detto anche lu Naracu; il villaggio nuragico Belveghile, sul prolungamento della sopraelevata nord in direzione Arzachena; il nuraghe Mannazzu o Mannacciu, sulla Statale 127 in località Maltana; il Nuraghe Siana o Zucchitta, nelle vicinanze della stazione di Enas; il nuraghe Sa prescione ‘e Siana, su una altura che domina la piana di Olbia, vi si accede dalla strada vicinale di Aratena; il pozzo sacro di Sa Testa, risalente al periodo compreso tra il 1200 e il 950 a.c, strada per Golfo Aranci; la tomba di giganti di Su Monte ‘e s’Abe, sepoltura megalitica collettiva adallée couverte, originaria dell’Età del bronzo antico (1600 a.C.) ma rimaneggiate in periodo nuragico, mancante della stele centrale, lungo la strada per Loiri.
Periodo punico
Dal VII secolo a.C. venne probabilmente frequentato per un breve periodo dai greci(secondo la tradizione greca citata da Diodoro, Strabone e Pausania) e precedentemente anche dai Fenici. Ma, contrariamente a quanto possa lasciar supporre l’origine del suo nome (Olbia deriverebbe dal greco Ολβιος/Olbiòs(felice)), le prime tracce di un vero insediamento urbano, databile tra il V e il IV secolo a.C., sarebbero, secondo gli ultimi ritrovamenti, da attribuire ai punici. I cartaginesi la cinsero di mura e di torri, edificando nella parte più alta un’acropolicon un tempio dedicato a Melqart. La città punica occupava un’area ora compresa tra Via Asproni e Piazza Matteotti e parte delle antiche mura sono ancora visibili in Via Torino. Negli scavi archeologici effettuati nell’aprile del 2007 è emerso parte dell’abitato punico nella centralissima Via Regina Elena. Nel mese di luglio 2001, in Via Nanni, era stato riportato alla luce parte del vecchio insediamento di epoca punica e romana, utilizzato dal IV al I secolo a.C.
In quel periodo poi, nel 535 a.C., nelle acque comprese tra il Golfo e la Corsica, una flotta di sessanta navi focesi della colonia di Alalia si scontrarono con una flotta di navi etrusche e puniche, coalizzatesi per sbarrare la strada alla penetrazione greca nel mar Tirreno. Il violento scontro, conosciuto come la battaglia del Mare Sardo (o battaglia di Alalia), è ritenuto da molti la prima grande battaglia navale nei mari dell’occidente. Tra i monumenti di questo periodo s possono ricordare i resti delle mura puniche in Via Torino ed in Via Acquedotto, queste ultime visibili attraverso due piramidi di vetro nella piazzetta di un complesso residenziale e i resti di un isolato punico in via Nanni e dell’acquedotto romano (I secolo);
Periodo romano
Quando i Romani occuparono la Sardegna nel238 a.C., la città non divenne solamente un centro commerciale, ma anche un’importante base navale militare. Fu collegata con il resto dell’Isola da tre importanti arterie stradali utilizzate dalle legioni ma anche per il trasporto di ogni mercanzia. Riorganizzata sull’impianto punico, la città divenne il più importante centro della costa orientale sarda e dal suo porto (il più vicino alla Penisola), partivano le navi cariche di materie prime verso la capitale. La città, il più importante avamposto romano dellaGallura, fu minacciata nei primi anni della conquista romana dalle incursioni dei cosiddettiCorsi della Gallura e dai Balari del Monteacuto. L’Olbia romana (talvolta trascritta sui miliari nella forma “Olvia” o “Olbi“) stimava una popolazione di oltre 5.000 abitanti ed era dotata di un foro, di strade lastricate, di termepubbliche ed acquedotto (proveniente dal monte Cabu Abbas, dal latino caput aquarum). Vi risiedeva, inoltre, e possedeva vasti latifondi e una fabbrica di laterizi (riportanti il bollo Actes Aug[usti] l[iberta]), la liberta di Nerone, Atte, esiliatavi dopo il matrimonio dell’imperatore con Poppea.
Al 304 d.C., sotto il regno dell’imperatore Diocleziano vi è attestato il martirio di San Simplicio, trafitto da una lancia e morto dopo tre giorni di agonia insieme ai suoi tre compagni Rosola, Diocleziano e Fiorenzo, e poi sepolto nella necropoli romana fuori dalle mura. In tale necropoli, durante gli scavi effettuati nel 1904, fu scoperto un tesoro contenente 871 monete d’oro di diverso taglio e portanti il marchio di 117 diverse famiglie romane. Da segnalare i ritrovamenti avvenuti nel 1999 nell’area del porto vecchio durante i lavori per la costruzione di un tunnel. In quell’occasione ritornarono alla luce 24 relitti di navi romane e medievali; furono i Vandali ad affondare alcuni dei relitti portando alla distruzione dell’abitato ed al crollo della città antica che comunque continuò a sopravvivere. Tra le vestigia del periodo romano sono importanti i resti dell’Acquedotto Romano in località Tilibbas, edificato tra il I e il II secolo per trasportare, su un percorso di 7 km circa, l’acqua delle sorgenti sulla montagna di Cabu Abbas alle terme della città antica; i resti della villa rurale romana di s’Imbalconadu, risalente al 150 a.C. circa nell’età repubblicana, lungo la strada per Loiri dopo il rio Loddone; il Parco di villa Tamponi; il Foro romano vicino al Municipio; i resti dell’acquedotto romano vicino al vecchio ospedale.
Periodo bizantino
La caduta dell’Impero Romano d’Occidente, nel V secolo, marca l’inizio di un lungo periodo di decadenza. La città romana cadde per un attacco compiuto dai Vandali dal mare; fu incendiata e distrutta insieme alle navi ormeggiate in porto. Il colpo subito fu terribile e alla fine del VI secolo la città appare con un nuovo nome: Phausiana (in greco bizantino Φαυσιανή); secondo alcuni storici questo nome è dovuto all’allontanamento dal nucleo originario verso la campagna, ma recenti studi ipotizzano che la Phausiana potesse essere ubicata nel colle di San Simplicio. Gli scavi e gli studi degli ultimi anni, fanno propendere, al contrario, per una continuità abitativa nel sito della attuale. La città non scomparve ma subì sicuramente una contrazione in termini demografici e nelle dimensioni come testimoniano i relitti dei recenti scavi del tunnel. Di notevole importanza per conoscere meglio la storia di quel periodo sono gli scavi, iniziati nel2006 per il rifacimento delle reti idriche nella zona prospiciente il molo Benedetto Brin, da cui è emerso quello che presumibilmente doveva essere il foro, resti di templi monumentali e botteghe artigiane. Un tratto di selciato di epoca tardo imperiale verrà preservato e integrato nell’arredo urbano. In questo periodo il porto della città non cessa di vivere e continua a commerciare anche se in modo ridotto rispetto all’età romana e punica.
Dall’VIII al XII secolo gli arabi tentano la conquista della Sardegna attratti dalle miniere d’argento, ed è proprio in questo periodo di perdurante allerta che la Sardegna si separa dall’impero bizantino e si divide in quattro parti chiamatiGiudicati (Cagliari, Torres, Arborea e Gallura). A questo periodo risale il castello di Sa Paulazza, fortificazione sita in regione Monte a Telti, sulla statale 127 a circa 5 km dal centro abitato.
Periodo giudicale
Sul periodo giudicale le fonti sono poche e frammentarie, citando Francesco Ignazio Mannu (nato a Ozieri il 18 maggio 1758 e morto a Cagliari nel 1839) “…S’isula hat arruinadu, custa razza de bastardos; Sos privilegios sardos Issos nos hana leadu, dae sos archivios furadu, nos hana sas mezzus pezzas et che iscritturas bezzas las hana fattas bruiare… Hanno rovinato l’isola questa razza di bastardi, i privilegi sardi li hanno portati via; hanno rubato dagli archivi i documenti più importanti, e come scritti inutili li hanno fatti bruciare…” , a parte gli scritti di Dionigi Panedda poco è stato pubblicato sul giudicato di Gallura.
Il primo giudice di Gallura di cui si hanno notizie certe è Manfredi, forse di origine pisana, che regnò grosso modo alla metà dell’XI secolo. La corte era itinerante (i giudici dimoravano in estate, per il clima più fresco, nei castelli di Balaiana e di Baldu (Luogosanto), nel castello della Fava (Posada, tuttavia Civita (nome medioevale di Olbia) era la sede di residenza privilegiata.
Civita in periodo giudicale venne cinta da mura (sulla porta principale vi campeggiava lo stemma giudicale) ed era il centro del potere religioso e civile del giudicato gallurese. Gli edifici più importanti erano la Cattedrale extra-murosdi San Simplicio, edificata tra la fine dell’XI e gli inizi del XII secolo dal giudice Costantino sull’antica necropoli punico-romana in cui erano sepolti i resti del Santo martirizzato, il Palazzo giudicale, situato probabilmente nei pressi dell’ex caserma della Guardia di Finanza in Corso Umberto, dove in una cripta della Cappella palatina venivano tumulati i giudici e la Chiesa di San Paolo.
Il giudicato fu retto dalla famiglia dei Lacon-Gunale fino al 1218; l’ultima sovrana della dinastia fu Elena di Gallura(prima donna sovrana per proprio diritto su un trono sardo e una delle prime d’Europa). La giudicessa sposò il pisanoLamberto Visconti. Il loro figlio Ubaldo Visconti, primo marito di Adelasia di Torres, non ebbe eredi e designò come suo successore il cugino Giovanni Visconti. A questi subentrò il primogenito Nino Visconti che sarà l’ultimo sovrano di Gallura. Spesso a Pisa, il giudice nominò vicario il dantesco Frate Gomita che poi farà giustiziare per le sue disoneste baratterie.
Nel 1296, morto il giudice Nino, ricordato da Dante nella Divina Commedia come Giudice Nin gentil, il territori del giudicato gallurese caddero in mano della repubblica di Pisa. Per iniziativa dei pisani a fianco all’antica Civita venne costruita una Terranova, ovvero una città di nuova fondazione, più vicina al porto. È probabile che Civita non venne subito abbandonata, considerando il fatto che il nome Civita rimarrà ad individuare amministrativamente la diocesi[7].
Secondo il repartimiento de Cerdeña del 1358, Terranova, ex-capitale giudicale, dopo un lungo periodo di guerre, rivolte e pestilenze, contava 132 capifamiglia soggetti al testatico, tale dato riferito ai contribuenti fa desumere una popolazione di circa 800 abitanti, nello stesso periodo a Sassari erano attestati non più di 700 uomini in armi, circa 4000 abitanti. Alcune fonti riportano come parte della città fosse in rovina, vennero trafugati e portati a Pisa per adornare il complesso della piazza del Duomo, l’architrave di un tempio dedicato a Cerere e il portale della stessa cattedrale di San Simplicio.
Il pesante vincolo pisano nella conduzione del giudicato ne limitava fortemente l’autonomia. A questo periodo risale comunque il fortilizio del Castello di Pedres, di cui si hanno notizie tra il 1296 ed il 1388 realizzato probabilmente da maestranze pisane, un tempo costituito da due piazzali cinti da mura turrite, lungo la strada per Loiri. Altri importanti monumenti del periodo medioevale sono la già citata basilica di San Simplicio, eretta tra l’XI e il XII secolo, il monumento di maggior pregio della Gallura, al di fuori delle mura urbane, notevole testimonianza dell’architetturaromanico-pisana e interamente realizzata in blocchi di granito da manodopera toscana e lombarda; l’edificio di culto era originariamente circondato da un’ampia necropoli, utilizzata fin dal periodo punico IV secolo a.C.; la chiesa di San Paolo Apostolo, probabilmente risalente all’epoca bassomedievale ma pesantemente rimaneggiata nel XVIII secolo(un’epigrafe all’interno riporta l’anno 1747), nella parte più alta del centro storico della città, sorta sui resti di quella che forse era l’antica Cappella palatina del Palazzo dei Giudici di Gallura e precedentemente su un tempio di epoca punica e romana forse dedicato alla divinità Melqart-Ercole; la cupola maiolicata risale alla metà del XX secolo.
Periodo aragonese
Nel 1323 la Sardegna viene conquistata dagli Aragonesi e sotto questa dominazione vi venne istituito il regime feudale che comportò la disgregazione del Giudicato di Gallura, con il solo mantenimento dell’organizzazione territoriale in Curatorie (ribattezzate Incontrade): Terranova fu prima nell’omonima Signoria, poi della baronia di Terranova, e quindi Marchesato dal 1579. Di fatto, dal XIII al XVI secolo la città decade lentamente per problemi legati alla mutazione dell’asse dei traffici marittimi, che spostandosi verso la Spagna, favoriva le città della costa occidentale sarda. L’insalubrità ambientale e la presenza della malaria, uniti all’esposizione a scorrerie piratesche ottomane (nel 1553 il corsaro Dragut ne devasta il centro), causano la decadenza della città. Nella seconda metà del Cinquecento la città è scarsamente abitata: nel 1559 a Olbia vengono attribuiti non più di 90 fuochi (circa 360-400 abitanti), alla fine del Seicento appena 240 abitanti. Il processo di spopolamento delle coste avviene in concomitanza con il ripopolamento delle zone interne della Gallura, che beneficiano, anche, delle migrazioni di popolazioni in fuga dalla Corsica.
Il declino di Terranova comportò nel 1568 l’accorpamento della sede vescovile prima a Castellaragonese (oggiCastelsardo) con la denominazione di “Civita e Ampurias” sino alla soppressione che avvenne nel 1839, con la nascita della diocesi di “Tempio-Ampurias”. Nel 1614 il vescovo Giacomo (Diego) Passamar ordina una ricognizione dei resti dei martiri Olbiesi (Rosola, Diocleziano, Fiorenzo e Simplicio) i cui resti vennero traslati dalla cripta presso la cattedrale (fuori le mura) al centro nella chiesa di San Paolo dentro le mura di Terranova.
Periodo sabaudo
Ancora tra il 1826 e il 1828 Antoine-Claude Pasquin Valéry nel suo Voyage en Sardaigne scriveva: «Il villaggio marittimo di Terranova, insalubre, spopolato, non ha duemila abitanti, occupa il sito dell’antica e celebre Olbia. L’aspetto delle case è quello delle grandi fattorie, (…); Nella campagna, la chiesa di San Simplicio, che risale ai Pisani, è press’a poco abbandonata (…)», ma anche: «Questa bella pianura di Terranova, un tempo tanto fiorente da contare dodici città e settanta comuni, così felicemente situata in riva al mare, riparata dalle montagne e con un così buon clima, potrebbe nutrire più di 50.000 abitanti; infatti possiede ancora tutti gli elementi dell’antica prosperità» . Mentre il generale Alberto La Marmora, nel suo celeberrimo Itinerario dell’isola di Sardegna scriveva: «L’attuale paese di Olbia è costruito a filo, con una certa regolarità. Le strade sono parallele e tagliate ad angolo retto. Le case sono costruite come la chiesa di San Simplicio con cantoni di granito estratti sul posto o nei dintorni; questa roccia assume una colorazione rosata simile al più bel granito dei monumenti egizi.» Ai viaggiatori europei dell’Ottocento, tra i quali John Warre Tyndale, il paese di Terranova appariva così: «Le case, nessuna delle quali si presenta decente o pulita, sono per lo più fatte di granito ed imbiancate, quasi ad offrire un contrasto maggiore con la sporcizia generale ed il sudiciume che sta all’interno e attorno ad esse.» Il processo demografico sì invertì solo nella seconda metà dell’Ottocento: la città che nel 1799 contava appena 2000 abitanti, viene rinominata, con regio decreto nel 1862, in Terranova Pausania.
Furono determinanti la riqualificazione del porto di Terranova (nel 1870, a cui contribuirono anche i comuni della Gallura) e l’arrivo della ferrovia (la linea Cagliari-Chilivani-Terranova venne inaugurata nel 1881, cui si aggiunse il prolungamento a Golfo Aranci), che portarono alla rinascita urbana del centro, che allora contava circa 3000 abitanti, in prevalenza pescatori (con una nutrita comunità di origine ponzese) e contadini. Tuttavia, le difficoltà dovute all’interramento della canaletta di accesso al golfo di Olbia, spinsero il generale La Marmora a proporre l’idea di costruire un nuovo porto presso Capo Figari, con la fondazione di un nuovo nucleo abitato chiamato Olbia Nova. Nel1880 il servizio regolare di linea (passeggeri e postale) per Civitavecchia mediante piroscafi venne spostato da Terranova alla vicina Figari (oggi Golfo Aranci), prolungandovi la ferrovia, lasciando alla prima il solo traffico merci e militare. Solo nel 1920, a seguito di una insurrezione popolare e delle incessanti battaglie parlamentari dell’on. Giacomo Pala, in seguito conosciuto come “onorevole Terranova” venne riattivato il servizio a Terranova, il che diede un impulso maggiore alla rinascita economica, commerciale e demografica del centro che era iniziata dagli ultimi anni del secolo precedente, mentre, a seguito dei lavori di ampliamento e banchinamento del porto, nel 1930 venne inaugurata la Stazione Marittima. A questo periodo risale la Villa Tamponi, edificata nel 1870 in forme neoclassiche con parco circostante; il Complesso dello Scolastico (scuole elementari) in Corso Umberto, realizzato nel 1911, nel quale avrà sede il nuovo municipio di Olbia; il Municipio, risalente all’inizio del XX secolo in forme liberty e neogotiche;
Durante il ventennio
Nel 1922 il fascismo era ancora molto poco radicato in Sardegna, i fascisti nell’isola erano poche centinaia, concentrati a Cagliari e nelle zone minerarie dell’Iglesiente (dove il movimento si confondeva con i sorveglianti delle miniere), ma godeva dell’ampissima simpatia delle Guardie di Pubblica Sicurezza. La marcia su Roma non modificò radicalemente i rapporti di forza, anche se spinse il notabiliato, i funzionari pubblici e la borghesia ad avvicinarsi al regime, soprattutto dopo il ferimento del deputato antifascista Emilio Lussu ed i gravi incidenti del 27 novembre 1922 a Cagliari (con l’impunito omicidio dell’antifascista Efesio Melis), che chiarirono come stato e fascismo fossero ormai strettamente alleati. Olbia (o Terranova com’era nota al tempo), rimaneva una città sostanzialmente antifascista, con una maggioranza radicale, e forti presenze socialiste e democratiche, oltre ad una forte simpatia per l’azinismo nascente. I pochi fascisti della città organizzarono assieme a squadracce dell’Italia centrale un assalto a sorpresa: da Civitavecchia partirono alla volta della Sardegna circa 200 fascisti, con due mitragliatrici e armi leggere. Questi, nella luce dell’alba, “espugnarono” la città, radunando gli antifascisti più in vista, ancora seminudi, in una piazza e costringendoli a bere l’olio di ricino in una cerimonia del cosiddetto “battesimo patriottico”. Fu la prima volta in Sardegna che i fascisti fecero uso dell’olio di ricino, già diffuso da 3 anni sul continente, Emilio Lussu, con ironia, commentò che “L’isola ha sempre seguito in ritardo i progressi della nazione”. Solo uno dei prigionieri si rifiutò di bere, malgrado le minacce di morte, e venne duramente percosso, mentre un altro antifascista fu costretto ad inneggiare al fascismo. Fu una delle più gravi violenze politiche di quell’anno in Sardegna, avvenuta con la connivenza delle Guardie di Pubblica Sicurezza e delle altre forze di polizia.[8]
Nel corso del periodo fascista con regio decreto del 4 agosto 1939 viene ripristinato l’antico nome romano (Olbia), le viene inoltre aggregata la frazione di San Pantaleo staccata dal disciolto comune di Nuchis e vengono realizzati regolari collegamenti aerei con la penisola a mezzo di idrovolanti. Il 14 maggio 1943 Olbia viene duramente bombardata dagli alleati, almeno 22 persone muoiono sotto le macerie del municipio e del centro. Insieme a Cagliari la città paga un alto tributo di sangue alla seconda guerra mondiale.
Periodo contemporaneo
Bonificato il territorio e debellata la presenza della malaria, nel corso della seconda metà del XX secolo e in particolare dagli anni sessanta la città è cresciuta economicamente e demograficamente sotto la spinta della scopertaturistica della costa nord orientale della Sardegna (Costa Smeralda, Arcipelago della Maddalena, Santa Teresa), della quale diviene il principale riferimento e centro di servizi. Il 31 agosto 2006 con Delibera Statutaria del Consiglio Provinciale, è stata formalizzata la scelta definitiva del capoluogo della Provincia di Olbia-Tempio: “La Presidenza della Provincia, con il Presidente, la Giunta Provinciale e il Consiglio Provinciale con i propri organismi consiliari hanno sede in Olbia, ove vi è la sede legale, amministrativa principale ed operativa dell’Ente. Il comune di Olbia nel 2006 ha ottenuto dall’Eurispes il riconoscimento come comune d’eccellenza del sistema amministrativo italiano per capacità amministrativa e gestionale.
Tra le più importanti opere pubbliche realizzate in questo periodo si ricordano: gli uffici ITAV e Caserma dei Vigili del Fuoco presso l’aeroporto di Olbia (1974), dell’arch. Francesco Cellini; la Chiesa della Sacra Famiglia, dell’arch. Vico Mossa; il Teatro sul Golfo di Olbia, progettato dall’arch. Giovanni Michelucci con Quart Progetti e sua ultima opera (1990); il Centro Commerciale Terranova, progettato dall’arch. Aldo Rossi; il Museo Archeologico, progettato dall’arch.Giovanni Maciocco; il Complesso commerciale e residenziale Agorà in viale Aldo Moro, progettato dall’arch. Dante Benini (1995-2000); l’ampliamento dell’aeroporto Costa Smeralda (2004), progettato dall’arch. Willem Brouwer con la consulenza grafica del Bureau Mijksenaar. La città è dotata di due ospedali Civili (Nosocomio San Giovanni di Dio in viale Aldo Moro e nosocomio Giovanni Paolo II in via Bazzoni – Sircana), è sede locale dell’Agenzia delle Entrate, sede staccata del Tribunale di Tempio Pausania, dell’Azienda Sanitaria Locale(ASL) n. 2 di Olbia (che accorpa dal 1996 le precedenti ASL n. 3 di Tempio e n. 4 di Olbia e con competenza estesa all’intera provincia), della Capitaneria di Porto, dell’Autorità del Porto di Olbia-Golfo Aranci, dell’Area naturale marina protetta Tavolara – Punta Coda Cavallo (comprendente territori situati nei comuni di Olbia, Loiri Porto San Paolo e San Teodoro), nonché sede degli uffici previdenziali (INPS Agenzia Complessa) e del Pubblico Registro Automobilistico(PRA). Dal 2005 vi è stata insediata la sede provvisoria della Provincia di Olbia-Tempio (dapprima nella sede della Comunità Montana “Riviera di Gallura” in via Nanni, quindi nella nuova sede, sempre in via Nanni), dove attualmente ha sede la presidenza e dove si riuniscono la Giunta e il Consiglio dell’Ente. Con D.P.R. 11 settembre 2008, n. 161 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 248 del 22 ottobre 2008) è stata istituita la Direzione Marittima di Olbia, inoltre sono stati elevati al rango di Reparti Territoriali le compagnie dei Carabinieri e Guardia di Finanza.
Property Details
- Address: Olbia
- Country: Italy
Property Features
- attic
- gas heat
- ocean view
- wine cellar
- basketball court
- gym
- pound
- fireplace
- lake view
- pool
- back yard
- front yard
- fenced yard
- sprinklers
- washer and dryer
- deck
- balcony
- laundry
- concierge
- doorman
- private space
- storage
- recreation
- roof deck