LA MAGA DELLE SPEZIE di Valeria Calamaro
Mi piace pensare che nella vita siano le piccole cose a far bene al cuore. È il caso del sesamo: seme timido, pallido e minuto, infinitamente generoso di virtù, simbolo dell’immortalità per gli hindu e per gli antichi egizi. E buon alleato del cuore.
Benefico, da millenni
Un cucchiaio di sesamo al giorno è per me un autentico alimento. Amo strofinarne qualche seme tra le dita e percepirne lo straordinario contenuto di oli, che raggiunge il 40-60%, quasi tutti grassi “buoni”, simili a quelli dell’oliva, di cui il nostro corpo ha bisogno e che molti studi correlano alla buona salute del cuore, al controllo del colesterolo e al potenziamento degli effetti antiossidanti della vitamina E. Rispetto ad altre spezie, le quantità sono generose. Non è piccante, ha sapore rotondo. Apporta sali minerali come il calcio e proteine vegetali, preziose negli stili alimentari vegani e vegetariani, per le donne in menopausa e per tutti come fonte di energia e ritrovata vitalità.
L’80% della produzione mondiale non è in seme, ma in olio di sesamo, ricavato dalla spremitura a freddo e apprezzato da millenni. Stabile e resistente anche ad alte temperature, non manca nelle fritture indiane di verdure e nei tempura giapponesi. L’Ayurveda, scienza indiana dell’autoguarigione, lo prevede nell’automassaggio, rito di cura di sé, da provare. Quest’olio assorbe facilmente le proprietà di spezie ed erbe e ne veicola l’effetto, lenitivo, restitutivo, rinvigorente, rilassante, detossificante. È anche il segreto dei folti e sani capelli delle donne indiane.
Buono per tutti, anche per i più piccoli. Con alcune eccezioni: il sesamo compare infatti nella lista degli allergeni che la legge prevede in etichetta, a tutela delle persone “sensibili e allergiche”.
Personaggio fisso nel teatro della cucina
I semi di sesamo, di per sé non hanno sapore. Con una lieve tostatura sprigionano inebrianti note di nocciola, sviluppando, in modo naturale, la componenteumami (il sapido), che l’industria alimentare ci ha abituato a riconoscere nei subdoli glutammati.
È una reale alternativa al sale. Il Giappone insegna: il gomasio, un trito di semi tostati e pochissimo sale, al palato dà pienezza e sapidità, senza eccessi di sodio.
Ama l’arido e l’assolato, accomuna l’Africa, di cui è originario, gli altipiani birmani, indiani e cinesi, con il Messico, la bella Sicilia e la Puglia, dove pani, dolci e taralli impastano tipicità e conquiste arabe. La semina a maggio, i frutti a ferragosto. La pianta si estrae tutta dalla terra, fino a che “Apriti sesamo”: capsule evanescenti gravide di semi saporiti si schiudono.
Non è costoso, è chiaro o più raramente nero, essiccato e spesso decorticato, va conservato ermeticamente. Nel teatro della mia cucina è ormai un personaggio fisso. Manciate di semi nel pane di casa (speciale è la mafaldapalermitana); a crudo, sulle insalate, nelle impanature (polpette, verdure, pesce) con i formaggi freschi o nei prelibati crudi di pesce alla giapponese. In miscela: con erbe mediterranee. Esperienza sensoriale senza uguali con timo, sumacco, finocchietto, olio di oliva e cipolla, nello za’tar, miscela araba per pizze, focacce, carni, zuppe, verdure. Mediorientale: tostato a secco e frullato nella tahina, che dà corpo ai ceci dell’hummus, ai falafel(polpettine di legumi) e alle melanzane (babaganush).
Sperimentale: i monaci buddisti sembra abbiano innovato i tofu vegani, con i goma dofu, cubetti pressati di sesamo macinato. Infine è dolce: energia a portata di bimbi e sportivi negli sfiziosibenniseedcookies africani e nellereginelle palermitane, nelle barrette croccanti al miele arabe e itilkut indiani, con sciroppi zuccherati, nel dukkah egiziano, miscela di nocciole e spezie e persino nei gelati!
Til in India, Benni in Africa,Giuggiulena in Sicilia… il sesamo è ovunque un cuore grande!